ISTITUTO COTTOLENGO

Breve storia del Cottolengo di Ghilarza e utili interrogativi.

  • Come è iniziata la storia del Cottolengo?

    Nel 1919 furono inviate a Ghilarza le suore del Cottolengo di Torino affinché avviassero la loro missione nel territorio della parrocchia. L'asilo doveva essere ospitato in una casa di proprietà dalla signora Rosa Sanna Delogu, la quale però aveva intenzione di essere lei stessa fondatrice e dunque madre generale di un nuovo istituto di vita religiosa. Per questo motivo le suore iniziarono l'accoglienza dei bambini in una piccola casa sebbene inadeguata ad accogliere un asilo. Allora il sindaco e l'arcivescovo tentarono di convincere la signora Rosa Sanna a cedere almeno un braccio della grande costruzione da lei voluta. Questa richiesta generò non poche tensioni e la signora Rosa Sanna cercò di dividere la popolazione, fino al punto che mosignor Piovella, vescovo di Oristano, si trovò obbligato a porre in essere un decreto di interdetto per la casa e la scomunica per la sua padrona. A seguito di questa dura posizione della chiesa la signora Sanna acconsentì ad accogliere le suore purchè la casa fosse dedicata a Sant'Antonio. Le suore cominciarono l'attività pastorale ma, a causa dell'interdetto, la casa era ritenuta "infestata dagli spiriti" fino al punto che molte suore si rifiutavano apertamente di abitarci. L'11 febbraio del 1920 monsignor Piovella tolse l'interdetto e per la prima volta fu possibile celebrare la Santa Messa nella cappella. Il 9 maggio 1936 morì la signora Rosa Sanna Delogu che lasciò alle suore del Cottolengo l'intera struttura e altri possedimenti al fine di poter proseguire l'opera cottolenghina a Ghilarza. 

  • Come e quando si è ampliata la casa?

Nel 1922 entrarono a far parte delle suore del Cottolengo due ragazze di Ghilarza, le signorine Deligia. A loro spese fu ampliata la casa con la costruzione del teatrino e del piano superiore. A seguito di questo ampliamento altre famiglie ghilarzesi fecero donazioni e l'Istituto di Torino concesse che la casa si ampliasse con la costruzione di un altro braccio comprendente una lavanderia e alcune camere con bagno.

  • Quando e perché sono andate vie le suore?

A ridosso degli anni ottanta ci si era reso conto che la missione delle suore Cottolenghine a Ghilarza doveva essere molto ridimensionata, sia per il ridotto numero delle religiose, sia per le mutate esigenze della comunità. Nel 1978 si decise dunque di interrompere ufficialmente l'attività della casa delle orfanelle e di continuare semplicemente con l'attività dell'asilo e per un periodo fu ospitata anche la scuola elementare.

  • Perché il Cottolengo è stato ceduto alla parrocchia e alla diocesi?

Dopo aver abbandonato il Cottolengo le suore non potevano più gestire una struttura così importante e dunque la casa madre di Torino decise di cedere il bene alla parrocchia. L'allora parroco don Nicola Deriu accolse la proposta ma non formalizzò mai il passaggio. Quando la stessa proposta fu fatta a don Salvatore Marongiu questi ebbe qualche remora ad accettare l'offerta perché si rendeva conto che la parrocchia non avrebbe mai avuto le forze per gestire e per curare un bene di tali dimensioni. Allora si decise di dividere la gestione tra la parrocchia e la diocesi. L'atto di proprietà fu firmato il 18 ottobre 2000. 

  • Quando e perché la diocesi ha ceduto la sua parte alla parrocchia?

Dopo oltre un quindicennio di comproprietà del Cottolengo la diocesi decise di cedere la sua parte perché si era resi conto che non solo non c'era nessun vantaggio a detenere il bene, ma c'erano anche costi importanti da dover sostenere ogni anno. Il primo febbraio del 2016 fu firmato il nuovo atto che sanciva come unico proprietario del bene la parrocchia.

  • Ci sono dei fondi frutto del lavoro del Cottolengo? Che fine hanno fatto?

Il Cottolengo da quando è diventato un bene della parrocchia e della diocesi, dunque dal 18 ottobre del 2000, ha sempre avuto un proprio conto bancario nel quale sono stati depositati i guadagni degli affitti e delle varie attività volte a raccogliere fondi per i lavori. Ad oggi sul conto sono presenti poco più di ottantamila euro.

  • A cosa serviranno questi soldi?

Don Michele Sau si era impegnato a cercare finanziamenti per un lavoro di restauro della struttura ed è riuscito ad aggiudicarsi un finanziamento della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) di oltre cinquecentomila euro. Questo finanziamento però necessita di un cofinanziamento da parte della parrocchia pari a duecentomila euro. Gli oltre ottantamila euro del conto del Cottolengo andranno quindi a coprire parte di questo importante investimento.

  • Perché si vuole vendere il Cottolengo?

Come detto qui sopra, la parrocchia deve disporre di duecentomila euro per cofinanziare il progetto di restauro finanziato per l'80% dalla CEI. Ad oggi abbiamo poco più di ottantamila euro e dunque ci servono circa altri centoventimila euro, dove trovarli? Si è dunque pensato di vendere parte del Cottolengo per poter avere quanto ci serve per restaurare una porzione della struttura.

  • Il parroco può vendere il Cottolengo?

Molti non conoscono approfonditamente le norme della chiesa e dunque con semplicità e senza malizia pensano che il parroco possa vendere di testa propria un bene della parrocchia. NON È COSÌ! Il parroco non è il padrone di nessun bene della parrocchia ma ne è semplicemente il legale rappresentante. Per poter vendere un bene della parrocchia deve avere l'appoggio della comunità, la firma dei membri del Consiglio Pastorale Parrocchiale e del Consiglio degli Affari Economici e poi l'autorizzazione scritta del vescovo e del Consiglio Affari Economici della diocesi. Insomma mettendo insieme tutti questi interlocutori si arriva a circa una cinquantina di persone e dunque non è assolutamente vero che il parroco possa agire di testa sua. 

  • Dunque la parrocchia può vendere il Cottolengo?

Non è detto neppure questo perchè neppure la parrocchia può agire in totale autonomia ma necessita del benestare della diocesi. Normalmente il vescovo chiede che vengano fatte varie proposte, che siano esplicitate le somme, che siano messi in evidenza i vantaggi e soprattutto che sia sempre chiaro il motivo della vendita. Se tutto questo risponde ai canoni richiesti, la diocesi può dare il via libera ed allora, e solo allora, la parrocchia potrebbe procedere alla vendita. 

  • È rispettoso della storia vendere il Cottolengo?

In realtà vendere il Cottolengo non sarebbe uno scandalo perché oggi è diventato un bene in decadenza e che non frutta nessun vantaggio alla parrocchia e causa solo inutili uscite. Molti ambienti del Cottolengo non sono utilizzabili a causa di problemi che per essere risolti necessitano di investimenti fuori dalla nostra portata. In tanti facendo riferimento al legame affettivo e culturale di Ghilarza con la struttura del Cottolengo ritengono che non sia giusto vendere la struttura. Proviamo allora a rispondere a questa semplice domanda: "Pagheresti tremila euro di imposte all'anno per tenere una struttura inutilizzata, solo per i ricordi d'infanzia?". Per aiutarci nella riflessione possiamo anche fare un altro ragionamento. Quando il Cottolengo di Torino decise di concludere una certa missione a Ghilarza e di lasciare qui le suore solo per un servizio alla parrocchia, non ha avuto alcuna remora a disfarsi di tutti i beni che allora erano in suo possesso: case, terreni e quant'altro. Non risulta da alcuna cronaca che nessuno si sia scandalizzato di quelle vendite. La vendita di quei beni non fu considerata negativamente perché il ricavato ha permesso alla Piccola Casa di Torino di poter fare tanto del bene a chi ne aveva bisogno. Insomma ciò che sarebbe bene comprendere è che la chiesa non è chiamata ad essere custode di beni, ma semmai a saper mettere a servizio della comunità le risorse che la storia ci consegna. 

  • Quindi il Cottolengo si venderà?

Non è detto che il Cottolengo si venda! L'inserzione posta sui siti gratuiti è servita a far accendere l'attenzione circa questo importante bene della parrocchia. L'intento che ci ha fatto iniziare questa riflessione non è certo quello di far soldi ma semmai dare a Ghilarza nuove ed utili opportunità. Il Cottolengo oggi è una struttura chiusa e totalmente improduttiva da quasi un ventennio, immaginate però se qualcuno dovesse farsi avanti e questo enorme immobile fosse utilizzato per nuove attività di servizio. Certo bisogna essere concreti, se non si riuscirà a trovare alcun nuovo utilizzo per il Cottolengo ed anche i necessari finanziamenti per il restauro, è anche possibile che si proceda alla vendita di una parte dell'immobile e dell'immenso terreno circostante. Ma poiché la scelta non spetta solo al parroco e neppure ai suoi stretti collaboratori, abbiamo predisposto uno spazio in cui tutti possano esprimere il proprio parere o condividere idee o progetti concreti. Attraverso questa scheda ogni ghilarzese potrà prendere parte alla scelta, contribuendo così a fare il meglio per tutta la comunità.

Dopo aver fornito a tutti importanti parametri per la discussione attraverso questo spazio ciascuno avrà la possibilità di esprimere il proprio parere e le proprie idee.

 Parliamone, parliamone correttamente e mettiamo in campo proposte concrete.


I dati personali non saranno utilizzati in alcuna sede; 
le proposte fatte saranno condivise in forma anonima
in occasione di una prossima assemblea pubblica.